Compliance, allarme costi dalle imprese
Governance. Dibattito tra esperti organizzato a Roma dallo studio Hogan Lovells
«La nuova compliance aziendale: costo o valore?». E’ questo il titolo di una tavola rotonda che si è tenuta a Roma su iniziativa dello studio legale Hogan Lovells. Obiettivo dell’incontro, un confronto di alto livello su come sia cambiata e stia cambiando la compliance nel prossimo futuro delle società e dei gruppi industriali italiani. Le problematiche della legge 231, la definizione dei compliance plans, i costi crescenti a carico delle imprese e soprattutto le criticità da risolvere dopo l’estensione delle norme sulla privacy al raggio d’azione della stessa legge sono stati al centro di un dibattito introdotto da Fulvia Astolfi e Massimiliano Masnada (Hogan Lovells) e a cui hanno preso parte Augusta Iannini, Vice Presidente dell’Autorità Garante Privacy, Gabriella Muscolo, Consigliere Autorità Garante Concorrenza e Mercato, Antonio Matonti, Direttore ufficio legislativo Confindustria, l’avvocato Giulia Bongiorno e Stefano Giberti (responsabile ufficio legale GE Healthcare Italia). Tra i punti su cui c’è stata piena sintonia tra i partecipanti sono da evidenziare almeno due aspetti: la scarsa formazione dei giudici sull’applicazione della legge 231 – con provvedimenti punitivi decisi spesso senza neppure senza nemmeno un confronto con l’azienda o talmente eccessivi da minacciarne la stessa continuità – il carico di costi crescente a carico delle imprese per adeguarsi ai nuovi obblighi sulla responsabilità oggettiva a fronte di una totale mancanza di meccanismi che ne premino il valore. Anche per questo, è emerso dal dibattito, sarebbe più opportuno oggi rivedere la legislazione sui modelli organizzativi piuttosto che spingere sulla necessità di adeguare l’attuale norma in vigore sul valore del cosiddetto “Bollino blu”. Le esperienze riportate ribadiscono comunque la necessità di garantire l’adozione ed il rispetto di modelli comportamentali e di procedure chiare e trasparenti nell’ambito dell’attività aziendale, consentendo di ridurre i rischi di impresa e di creare una cultura della compliance in tutti gli attori della filiera, magistratura e consulenti inclusi. In particolare, «Sia sulla 231 – ha concluso Masnada – sia sulla compliance a 360 gradi, servono consapevolezza e competenza, con piani definiti sulle necessità della singola azienda e non “buoni per tutti”».
Il Sole 24 Ore, 12 novembre 2015
Finanza & Mercati, p. 43